giovedì 19 marzo 2015

Vivere la Montagna in Solitaria

Vivere le uscite in montagna da soli richiede più buon senso, ma fa entrare in profonda sintonia con la natura e con la propria anima

Monte Rosa - Testanera

 “Nella mia vita di scalatore ho sempre obbedito all'istinto creativo e contemplativo,ma fu grazie all'alpinismo solitario che ho potuto entrare in sintonia con la grande natura,
e ancor più ho focalizzato i miei perchè e i miei limiti”
(Walter Bonatti)


Vivere un’uscita in montagna in “solitaria” è considerato, da molti, pericoloso e da incoscienti; personalmente la penso come il “grande” Walter Bonatti, sebbene io non pretenda di arrivare a fare le sue grandi imprese o di insegnare qualcosa agli altri.

L’affrontare in solitaria la montagna conosciuta o sconosciuta che sia, è un’esperienza che insegna a conoscere i propri limiti, le proprie paure e ad avere un contatto più intimo con se stessi e con l’ambiente che ci circonda. Aumenta la percezione della natura e della montagna, insegna a riconoscere il percorso migliore e il passaggio più sicuro, a non contare sullo stimolo che un/a compagno/a trasmette. È necessario trovare la volontà di salire una montagna, magari in condizioni meteorologiche proibitive; bisogna conoscere i propri limiti per poter capire quando è giunto il momento di rinunciare; conoscere bene le varie tecniche di progressione e i vari materiali che si usano; saper riconoscere la morfologia e il tipo di percorso che si sta affrontando, e soprattutto essere consapevoli dei propri limiti e cercare di non superarli, consci del pericolo a cui si va incontro.

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Quanto monotona sarebbe la faccia della terra senza le montagne.

Immanuel Kant

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